Il racconto

Prete novello 1973. Milano, parrocchia Ss. Nereo e Achilleo. Dove è cacciata? Ma dove sono finito? Alcuni mi dicono: zona Città Studi. Ne so come prima! Altri suggeriscono: Istituto dei Tumori, via Venezian. 
Ah, beh! Conosciuta da tanti, purtroppo, per grossi problemi di salute. Ricordo ancora. 
Veste talare, una valigia, ombrello. Era un sabato, precisamente sabato 15 settembre, festa della Madonna Addolorata. Il primo impatto è stato una accoglienza gioiosa in oratorio. 
Un oratorio pieno di ragazzi festanti, scatenati, con una grande voglia di vivere. 
Ragazzi guidati e coinvolti da un seminarista, che sarebbe diventato sacerdote di lì a pochi anni. Entusiasmo alle stelle anche se in una struttura un po’ malandata, con un cortile dove non spuntava nessun filo d’erba ma cocci di mattoni sbriciolati e tanta polvere. Ma non c’era problema. 
Anche per me vale il detto, il primo amore non si scorda mai. L’accoglienza dei ragazzi e dei giovani ma anche il desiderio di fraternità con i sacerdoti della parrocchia e, per me preziosa opportunità. Inoltre l’amicizia di confratelli degli oratori confinanti questa parrocchia è stata una manna. Quanto è bello e fecondo lavorare insieme. 
Nella concordia e nella stima pur nelle diverse sensibilità ed età. Mi ero stupito dell’impegno dei giovani. Non dimentichiamo che eravamo un po’ tutti figli del ’68, con qualche idea da registrare. Fede robusta con la catechesi e la messa a volte anche nei giorni feriali, testimonianza gioiosa e disponibilità concreta sul campo, sia a livello personale che comunitario oratoriano, parrocchiale, diocesano. Erano i tempi del Cardinal Martini. Cosa posso comunicarvi di quel periodo. Mi limito a due episodi. 
Due volti del mondo giovanile. Mariolino. 14 anni, pieno di vita. Un giorno di agosto, lo incontro per strada con il suo papà. “Perché non sei in vacanza?”  “Mi fa male una gamba!” Diagnosi. Un tumore. Mesi di cure, e di sofferenze ma sempre sereno. Nel giorno del mio 30° compleanno, mi saluta e parte per il cielo. Ancora oggi appena posso vado a salutarlo nel camposanto di Camparada di Lesmo e gli affido la fedeltà e la perseveranza del mio sacerdozio. 
Un secondo episodio dove ho capito la funzione del prete con e per i bambini. Un pomeriggio di catechismo. Entro in una classe. 3^ elementare. Allora si chiamava così e ci si preparava alla 1^ comunione. “Buon giorno, bambini. Che bello vedervi!” mi presento così. La catechista, una brava mamma, un po’ vecchio stampo. “Bambini, alziamoci! Salutiamo don Aurelio!” Subito la cordiale e corale risposta: “Ciao don”. Di nuovo la catechista: “Bimbi, diciamo a don Aurelio di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando che Dio è … che Dio è … che Dio è …! “Che Dio è un Padre buono” si sente rispondere dal fondo della classe. E subito dal primo banco, uno di quei bimbi che vanno tenuti sott’occhio perché troppo spontanei, il quale senza alzare la testa ma continuando a scarabocchiare sul suo quaderno, aggiunge ad alta voce: “Sarà vero che Dio è un padre buono, però mio papà picchia la mia mamma!”.  Gelo. Incrocio lo sguardo con la catechista, la quale commenta: “Caro Don, questi sono i bimbi che le manda il Signore!”  Esco con un groppo in gola. E commento dentro di me: qui c’è da amare, servire, patire. 
Tre verbi che mi accompagnano ancora oggi. Concludo: Essere prete è bello, essere stato prete d’oratorio è stato molto bello, essere stato prete a Milano per 9 anni è stato sommamente bello!

 

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